mercoledì 26 giugno 2013

Papa Francesco e Obama: il cambiamento che non c'è

Chi mi conosce sa che io non mi sono mai illusa sul fatto che l'elezione del primo presidente di colore, Obama, alla Casa Bianca potesse minimamente cambiare la politica interna ed estera degli Stati Uniti.

Il potere utilizza quello che un tempo ha perseguitato per cambiare la propria facciata, ma mai la sostanza, e per mostrarsi 'diverso' nella sua continuità. Ne è un esempio il sì al matrimonio omosessuale degli stessi Stati Uniti (in polemico aperto contrasto con Santa Romana Chiesa...), che sembra essere un altro passo verso la libertà. In realtà il 'love is love' , il 'passo epocale' è sì un passo verso la libertà, ma anche e soprattutto forse, un inganno. La concessione del potere ai propri sudditi, che non devono però metterlo in discussione.

Lo fa anche con le donne, dando loro l'illusione che l'uscire dalla casalinghitudine (da dove non sono ancora affatto uscite: la condizione attuale della donna è mediamente il più raffinato prodotto della neo-schiavitù post-capitalistica) abbia un risvolto moderno e civile; in realtà, le donne non producono affatto una politica diversa dagli uomini, non esiste una politica 'femminile' (né veramente una femminista più se non in epigonis); non esiste un 'tratto' femminile nella politica partitica attuale; posto che qualcuna abbia questa vaghezza, e questa forza di opporsi alla struttura del potere attuale e di inventarne un'altra, anche nei modi interpersonali, viene subito tolta di mezzo e condannata alla marginalità. 

Così, parallelamente, questo nuovo Papa, questo narratore di Dio che vuole disegnare un'altra Chiesa di Roma, non ci convince e non attendiamo cambiamenti sostanziali; non è stato eletto per questo, ma solo per creare la favola di un'altra chiesa, felice, amorevole, santa, ripulita, dal vago sapore francescano appunto,  e che non ci può essere.

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