martedì 25 novembre 2014

Dittatura culturale in Toscana: l'esempio della Fondazione Toscana Spettacolo

Dopo lo scritto potete ammirare la pubblicità, ricordo con soldi pubblici, che la Fondazione Toscana Spettacolo ha fatto apparire ieri, lunedì 24 novembre, a tutta pagina su La Repubblica, con l'elenco dei teatri da lei gestiti. Sono 64 fra teatri e spazi, praticamente quasi tutto quello che esiste in Toscana in campo teatrale.

Un monopolio assoluto, asfissiante, antidemocratico. Una perfetta aberrazione omogeneizzante, un vero dramma teatrale che invece viene presentato come il meglio che esista, soprattutto per lo spettatore.

La Fondazione è  gestita, manco a dirlo, in modo del tutto partitico, nelle nomine del suo direttore e presidente, ma quello che è ancor più grave, compie una silente discriminazione nei confronti di compagnie e spettacoli non graditi, che non vengono mai chiamate, mai scelti. Queste compagnie sono trattate come appestate, allontanate, emarginate.

Il Teatro La Baracca - uno dei pochi spazi ancora non lobbizzati - non è il solo. Uno scandalo su cui si dovrebbe finalmente dire qualcosa. 

Intanto cominciare a disertare certo teatro: cosa che in realtà i cittadini fanno e anche per questo la Fondazione ha bisogno di pubblicizzarsi in modo così massiccio, prendendo a scusa i  25 anni della sua esistenza.

La Regione realizza così una dittatura raffinatissima tramite questo ente, che gestisce una programmazione simile ovunque in Toscana, con spettacoli graditi e non preoccupanti, codificati eccetera.

Le amministrazioni, invece di aiutare gruppi, compagnie o quanto altro a svilupparsi autonomamente, e quindi differenziando l'offerta, preferiscono, anche per problemi organizzativi, demandare tutto o quasi a FTS, non rendendosi conto del danno culturale ed economico che causano.

Le 'reti' possono belle a condizione che siano sviluppate in modo osmotico; altrimenti sono sistemi in cui ci si impiglia,  oppressivi, che finiscono solo per imporre un diktat culturale che tiene a bada e poi asfissia chi pensa e agisce con la propria testa e con le proprie forze.

Parafrasando un antico proverbio cinese amato da Mao, che alcuni di questi oppressori osannavano in gioventù, ai cittadini non si insegna a pescare, ma si vuole dare solo  il pesce, ovviamente marcio.




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