lunedì 17 aprile 2017

Brutta Pistoia, deludente città della cultura

Per chi come me conosce bene Pistoia, non si fa accecare dai vari articoli sui giornali.
Pistoia città della cultura non presenta niente di nuovo o di particolare; anzi, è deludente moltissimo. Più sporca che mai,  (sì certo più viva di Prato al momento, ché ieri a Pasqua nel centro storico era più spettrale e vuota che a Ferragosto),  Pistoia è immota.
Nel sabato di Pasqua l'ufficio informazioni, quello di Piazza del Duomo, era chiuso (erano le 19, ma insomma, da una città della cultura ci si aspetterebbe di più), e nessuna particolare o diversa manifestazione o cura la caratterizzava: nessun annuncio, a parte il brutto logo che da qualche parte ogni tanto si mostrava, ma piccolino e mesto, 'liscoso' come il toscano dicono parlato dai pistoiesi.
E così ho visto nei giorni passati; che Pistoia, io la conosco e vivo come Prato.
Qualche turista in più, quello sì, attirato dalla grancassa mediatica. E forse anche per questo più zozza. E quasi brutta. Sì, brutta. E nemmeno era splendida come sempre la Piazza del Duomo.
Ricordo la Pistoia d'un tempo, la città dei pensionati era chiamata, la città addormentata ma non immobile, la città che non sapeva di essere quella che le trame della politica hanno deciso che fosse per non perdervi lo scettro di partito. La città che si opponeva a Prato, da sempre, per stile, tempi, parlata.
I pistoiesi dicevano di me quando ero bimba, con quel sorriso ironico: "E' una pratese", per dire che è una che va veloce, che non le si posa la mosca sul naso.
Scriveva Malaparte:
"Che siccome i pistoiesi sono un popolo cortese, lento, quieto, e han l'aria, senza volerli offendere, un po' addormentata (contrariamente ai pratesi, che han l'abitudine di svegliarsi prima di addormentarsi, i pistoiesi si addormentano prima di svegliarsi), si direbbe che tengano, anche oggi che non c'è più, dalla parte del Granduca, tanto è vero che parlano con la lisca...Gran peccato, che i pistoiesi abbiano la lisca, e parlino con la zeta! Perché a parte il resto, che qui non conta, si può dire in piena coscienza che i pistoiesi abbian tutto dei toscani, tranne che il lato cattivo, che è il meglio dei toscani, massimamente dei pratesi".
(Questi pratesi di cui parla Malaparte, non ci sono più, manco a dirlo. Che non sanno nemmeno più essere  quei cattivi simpatici d'un tempo).
Pistoia era città non turistica per antonomasia, ma di quel non turismo diverso da Prato, che era, ed è tornata ad essere, satellite di Firenze, la sua parte 'sporca' e industriale. 
Pistoia era città vera e tutta sua, orgogliosa della sua lentezza, che le dava certa eleganza. La Sala non era il centro dello sbevazzo notturno, ma il mercato popolare cittadino, nel cuore della città. 
Ora vuol essere, la politica ha deciso che sarà, come le altre, e le ha regalato lo scettro culturale, anche per rivincervi le elezioni,  e vi si vede il turista grazie alle mene del potere. Anche se già da qualche anno, grazie al Pistoia Blues, la città si è corrotta, trasformata, imbruttita. 'Si muove'...
Ora, per tema di far vincere la controparte o smuovere troppo gli equilibri,  non organizza praticamente nulla di diverso, e quindi, essere città della cultura significa soprattutto far lavorare gli uffici stampa e far parlare di sé per accogliere appunto i pullman di turisti, senza che a questo corrisponda nulla di 'fresco' o insolito.
Infatti in ambito culturale fanno agire sempre gli stessi stanchi interpreti della banda culturale cittadina, che per l'occasione si son messi in testa il logo liscoso. Ecco la  città della cultura 2017.

Pierlugi Zollo, attore e intellettuale pistoiese, amico mio, quanto mi manchi! Quanto mi manca litigare con te. Tu sì che sapevi esser piro e tu gl'avresti cantato a dovere, a' piri tutti, il nulla e il vuoto, e disvelato gli inganni di questi anni piri.

Piri: i pratesi chiamano così dei pistoiesi, anzi chiamavano, a indicare la loro presunta lentezza e dabbenaggine. L'etimologia è incerta.  Il 'piro' è, nelle cave di marmo, il cavo di legno a cui attaccano le funi per appendere i marmi. Ma a me piace pensare all'etimologia popolare legata al fuoco, ché Pistoia è città di montagna e di carbonai, com'era mio nonno, cosa che in queste celebrazioni calate dall'alto è stato del tutto dimenticato. Insomma, per i pratesi i pistoiesi erano carbonai, gente sempliciotta; boscaioli.

E' poi Pistoia città di confine; è la città che in Toscana parla con Bologna e Modena, con l'Emilia, e ne subisce in qualche modo lontane influenze culturali.

Pistoia è città di gente stramba, irrisolta nelle stringhe della civiltà e in conflitto sempre; anarchici silenti, quelli non in fuga, e spesso tu li vedi malvestiti che girano per la città che sono appena scesi dalla montagna. O vivono in città così, per far dispetto al mondo.

Che i piri, invece, a conoscerli bene, son di natura dispettosa.

Al diavolo le città della cultura, che la cultura la distruggono e omologano e basta.


1 commento:

Carlo Amoretti ha detto...

In otto anni da questo post, Pistoia è peggiorata: ormai abitata da persone morte a 30 anni, molti anche prima, che aspettano solo gli 80/90 per essere riconosciuti e sepolti, nel frattempo girano da pensionati rancorosi ed avidi di avere ancora di più

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